Manifesto dei conservatori

By 30 Novembre 2022Spazio libri

Non è l’epoca ideale per dirsi conservatori: sballottati dai marosi del relativismo, derisi dal come nostalgici dalla vulgata progressista, travolti dalle parole d’ordine sempre più tassative dei nuovi diritti.

Eppure il conservatorismo, oggi, ha ancora senso: lo rileva con forza Roger Scruton, lucido intellettuale inglese scomparso nel 2020 e tornato alla ribalta anche in Italia a novembre 2022 per la citazione di cui Giorgia Meloni ha voluto onorarlo nel suo discorso davanti al Parlamento.

Opportunamente Raffaello Cortina ha ripubblicato, per l’occasione, il testo di riferimento del pensatore, Manifesto dei conservatori. Nato come una rielaborazione di diversi interventi tenuti da Scruton nel corso degli anni, il volume contiene pagine dense nelle quali combina alto e basso, sottili passaggi filosofici ed esempi pratici, sintesi lucide e un taglio a tratti vagamente profetico (come quando critica, con anni di anticipo, l’uno vale uno).

Il suo metodo lo esercita senza timori reverenziali sui temi più caldi del dibattito sociale e politico: dal concetto di nazione (un “genuino noi di appartenenza” da intendersi “proprio in antitesi alle forme di appartenenza tribale e di credo”) all’ecologia (i problemi ambientali sono causati dal “trionfo del desiderio sulla moderazione”; lo scopo del conservatorismo “è tramandare – e se possibile accrescere – l’ordine e l’equilibrio, di cui siamo i temporanei amministratori fiduciari, alle generazioni future”), dal fine vita (questione che non si può solo in base alla valutazione di costi e benefici e che non può essere lasciata alla mercè esclusiva di una scienza che “mentre chiarifica i fatti, mistifica i valori”) al matrimonio (“i sociologi cominciano a notare che la libertà guadagnata da una generazione significa una perdita di libertà per quella successiva”), dall’ineludibilità del concetto di sacro nonostante due ondate di secolarizzazione (“la religione è un atteggiamento verso il mondo, radicato nell’appartenenza sociale”) alla troppo frequente tentazione totalitaria delle ideologie (che “razionalizzano ogni sorta di risentimento e uniscono i rancorosi in una causa comune”), fino alla deprecata piega presa dagli ordinamenti sovranazionali che, secondo Scruton, lungi dall’offrire maggiore libertà, chiudono i Paesi aderenti in un surreale gioco di specchi e di rimandi linguistici degni di altre fortune.

Per ogni tema Scruton non si limita a trincerarsi dietro l’alibi dei valori, né si barrica dietro ai luoghi comuni così cari a chi, per il proprio credo politico (o religioso), adotta interpretazioni più sbrigative: spiega piuttosto, in senso teorico e pratico, il senso di un’azione – il senso di conservare in un’epoca di cambiamento – e di una posizione – che cosa vale la pena di conservare e ripristinare – portando le sue riflessioni in maniera trasversale tra temi controversi e spaziando tra i piani di lettura. Scruton, da filosofo, si pone con l’onestà intellettuale necessaria ad ammettere i limiti logici del proprio ragionamento, alternandola alla forza argomentativa con cui smonta le false premesse democratiche, con cui la controparte vorrebbe imporre un pensiero omogeneo al proprio – ma solo al proprio – modo di intendere la libertà.

«La risposta conservatrice alla modernità – conclude Scruton – sta nell’abbracciarla, ma in modo critico», dando «un esempio di vita rispettosa e ben ordinata»; il conservatore deve considerarsi «parte di qualcosa di più grande, la cui sopravvivenza dipende da noi e che può continuare a vivere in noi».

Roger Scruton
Manifesto dei conservatori
Raffaello Cortina Editore, 2007
XII+247 pagg – 22 euro

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