Io, l’unico evangelico del Palazzo

By 18 Aprile 2008Dicembre 22nd, 2022Speciali

Intervista a tutto campo al senatore Lucio Malan (PdL)

Lucio Malan, senatore del Popolo delle libertà, è l’unico evangelico del nuovo Parlamento.

47 anni, insegnante, è alla sua quarta elezione come parlamentare, di cui tre a Palazzo Madama, dove nella precedente legislatura ha ricoperto l’importante ruolo istituzionale di Segretario alla Presidenza del Senato. Malan ha concesso a evangelici.net la sua prima intervista dopo la riconferma elettorale del 13-14 aprile.

Senatore Malan, salvo sorprese lei sarà il solo parlamentare evangelico della XVI legislatura. Deve fare un certo effetto.

Fa un effetto strano; sarà la mia quarta esperienza in Parlamento, e per la prima volta sarò da solo come evangelico, dal momento che non sono stati riconfermati Paolo Ferrero, Valdo Spini e Mercedes Frias.

Sarà più dura?

Sento una maggiore responsabilità: certo, non si deve per forza essere evangelici per parlare di libertà religiosa, però è utile per conoscere da vicino alcuni temi – come la tutela delle minoranze confessionali, la legge sulla libertà religiosa, le intese con lo stato – che sfuggono alla maggior parte dei miei colleghi. Nelle legislature precedenti, per certi versi, abbiamo fatto squadra insieme a Spini, Ferrero e Frias: sui temi religiosi abbiamo puntato su un impegno trasversale, io dallo schieramento conservatore, gli altri dal fronte progressista. Non mi nascondo che da oggi sarà più difficile ottenere risultati in merito, ma non per questo sarò arrendevole.

Malan, lei non ha mai fatto mistero della sua fede e di come sia significativa per la sua azione politica, contrariamente a molti altri suoi predecessori.

Cerco di essere coerente con la mia fede. Non è mai facile in nessun campo, e specie in un contesto come quello italiano, ma devo dire che nella mia specificità ho sempre incontrato una buona accoglienza. Anche quando ho votato in dissenso rispetto al mio gruppo per motivi di fede, la cosa è stata capita, e ha anzi suscitato interesse verso la mia posizione “eterodossa”.

Per esempio?

Per esempio quando votai – volentieri – a favore di un emendamento del socialista Montalbano, che limitava l’esenzione dall’Ici degli immobili delle confessioni religiose (ovviamente a cominciare da quelli della chiesa cattolica) ai soli locali collegati al culto: in questo modo ho preso una posizione diversa rispetto al mio schieramento. Nel 2005, quando per la prima volta si tentò di introdurre l’esenzione “allargata”, ma per la sola chiesa cattolica, feci presente che per rispetto verso la Costituzione il beneficio andava concesso a tutte le confessioni, o quantomeno a quelle riconosciute dallo Stato con un’intesa: oppure, in alternativa, a nessuna. Presentai un emendamento in questo senso, che peraltro venne bocciato, ma l’obiezione andò poi comunque in porto: decaduto quel decreto legge, in un successivo passaggio venne introdotta l’esenzione, ma con un riferimento più ampio alle realtà senza scopo di lucro, andando quindi anche oltre le realtà confessionali.

Quali sono i margini ragionevoli di dissenso, in un partito?

Chiaramente, in politica come altrove, anche nel dissenso bisogna avere il senso della misura e dell’opportunità, per non finire relegati al ruolo di macchietta. Se però si sa valorizzare la propria posizione di dissenso su alcuni precisi punti e con la dovuta coerenza, si trova rispetto. D’altronde, da evangelico, la storia mi insegna che la libertà è coraggio, e bisogna prendersela.

Nella legislatura entrante come intende muoversi, da evangelico, per gli evangelici?

Naturalmente è opportuna una premessa: non sono stato eletto in quanto evangelico, ma in base a un programma politico che condividevo. Per questo a tutti gli evangelici, come cittadini, posso garantire il mio impegno sui punti che il Popolo delle Libertà ha proposto in campagna elettorale, e che chiaramente mi sembrano validi.

Per gli evangelici in quanto tali, invece, ho già chiesto al futuro vicepremier Gianni Letta la ratifica delle intese con lo Stato che sono state firmate ma mai ratificate.

In effetti si tratta di un percorso piuttosto travagliato: firmate sotto il governo Berlusconi bis, sono state approvate dall’ultimo governo Prodi nel 2007 ma senza mai passare in Parlamento per la ratifica.

Sì, e si tratta di un’ampia infornata di intese: oltre a valdesi e avventisti che modificano l’accordo con lo stato già in vigore, c’è la chiesa apostolica, ma anche mormoni, testimoni di Geova, buddisti, induisti, arcidiocesi ortodossa d’Italia.

Sono disponibile a parlare con tutte le realtà per capire la situazione di ciascuno, e in ogni caso intendo spingere per far portare queste intese in Parlamento: se il percorso dovesse incepparsi nuovamente presenterò personalmente una proposta di ratifica. Se non lo facesse il Governo potrei farlo io stesso: sarebbe la prima volta che il disegno di legge di ratifica non viene presentato dal governo ma da un parlamentare, però si potrebbe fare. Possiamo però sperare in una soluzione normale in tempi ragionevoli.

E la famosa legge sulla libertà religiosa, che dovrebbe finalmente sostituire la normativa sui culti ammessi in vigore dal 1929?

Il tema è spinoso. Per quanto mi riguarda ripresenterò il disegno di legge, ma non è il caso di farsi illusioni. Negli ultimi anni la legge non ha avuto grande successo: il primo governo Prodi aveva presentato il disegno di legge ma senza sviluppi; nel Berlusconi bis si è andati un passo avanti, giungendo a iniziare l’iter in Aula alla Camera, ma senza concluderlo; nel Prodi bis c’è stato solo il percorso in Commissione e senza disegno di legge del governo. Nella legislatura entrante chiederò sicuramente all’esecutivo di ripresentare il disegno di legge. Non nascondo che sarà difficile arrivare alla conclusione dell’iter, anche per una serie di questioni legate alla possibilità che della nuova legge si avvalgano le frange islamiche più estreme. Da questo punto di vista, gli stessi islamici moderati ritengono sia necessario istituire preventivamente i controlli nelle moschee, e poi riconoscere le prerogative di libertà di culto alle realtà presenti sul territorio.

Nonostante questo io ci proverò; certo, se non siamo riusciti a raggiungere un risultato quando avevamo quattro parlamentari e un ministro evangelico, sarà difficile ottenerlo ora che ci sarò solo io. A meno che…

A meno che?

Se prospettiamo la questione della libertà religiosa come un fatto che riguarda le piccole (ma in certi casi rilevanti) discriminazioni di cui noi non cattolici siamo oggetto, rischiamo poca attenzione e forse una reazione di fastidio; se invece riusciamo a prospettare il problema in un quadro generale più ampio, sottolineando le violazioni della libertà religiosa nel mondo, allora sarà più comprensibile chiedere di rimuovere gli ostacoli che ancora ci sono in Italia. Dove pure – dobbiamo ammetterlo – grazie a Dio la situazione per le chiese è infinitamente migliore rispetto ad altre realtà nel mondo.

Il cristiano e la politica: qual è la sua linea per vivere coerentemente nell’azione politica la sua fede?

Ho cercato sempre di evitare quello che a volte viene dato per scontato da parte di un politico: dire bugie e usare argomentazioni disoneste, avvalersi di due pesi e due misure, fingere di scandalizzarsi per cose che fanno altri magari sapendo che anche la mia parte non ne è immune. Spesso si ritiene che lanciare accuse in malafede sia un ferro del mestiere per i politici; credo tuttavia che, se non si mantiene una certa credibilità, si perda su tutti i fronti e in tutti i campi. Alla lunga anche la malafede si rivela inefficace, oltre che ingiusta.

Un politico può quindi evitare di mentire?

Sì. Considero la menzogna come la prima forma di violenza. E anche la lealtà alla propria parte non deve mai trasformarsi in complicità.

Bisogna perseguire ciò che è possibile, ma penso sia possibile farlo anche senza usare la menzogna e senza atti più materialmente disonesti.

A giudicare dal contesto pare non sia facile, specie in campagna elettorale.

Quanto a me, mi attengo al principio di non promettere quello che non si ha la certezza di mantenere, ma mantenere ciò che si è promesso. Dopo di che, va detto che c’è anche un problema sul piano della comunicazione: è difficile che la serietà di un politico faccia notizia. È talmente scontato che nel Palazzo si cambi idea dal mattino alla sera, che la coerenza in un parlamentare non si nota.

Frustrante?

Per quanto mi riguarda la noto io, e questo mi basta a dormire tranquillo.

Nell’ambiente valdese spesso lei non si trova allineato con la posizione maggioritaria “liberale”.

Se fosse “liberale” in senso proprio non sarei certamente dissidente: la realtà protestante attuale, più che liberale, io la definirei nella migliore delle ipotesi liberal, all’americana. Le chiese federate vivono un cedimento al conformismo di sinistra, che tende a prevalere su ogni altra considerazione. Una posizione politicizzata così radicata che non viene più nemmeno percepita come tale.

Un politico contro la politicizzazione della chiesa…

Io credo semplicemente che l’evangelismo dovrebbe portare un messaggio positivo e non negativo, dovremmo distinguerci per ciò in cui crediamo e non perché ce l’abbiamo con l’una o l’altra parte; nella nostra testimonianza verso l’esterno dovremmo forse ricordarci di più di Gesù Cristo, e di meno delle umane cose. Dovremmo essere testimoni di Cristo più che delle nostre posizioni intellettuali contingenti.

I valdesi reclamano con forza la laicità dello stato.

La laicità dello stato è un obiettivo corretto e lecito; questa laicità non deve però venir vista come un tabù che ci impedisce di avere posizioni e applicare principi cristiani nella nostra visione della società, quanto piuttosto come una separazione tra Dio e Cesare.

A proposito di Dio e Cesare, qual è la sua posizione nei confronti della Bibbia?

Credo che bisognerebbe avere un po’ più di umiltà di fronte alla Bibbia, senza pretendere di correggerla a ogni passo. In qualche caso, chiaramente, può esserci l’esigenza di un’interpretazione, dopo migliaia di anni certi versetti vanno capiti nel loro contesto, ma una lettura sistematica di questo genere toglie ogni significato alla Bibbia stessa.

Un esempio significativo: molti anni fa un pastore, divenuto in seguito professore alla facoltà di teologia valdese, spiegò a noi studenti che le tribù di Israele erano probabilmente undici o tredici o quattordici, ma che c’era scritto dodici perché si tratta di un numero ricorrente. Bene, io penso invece che fossero proprio dodici: sono portato a credere che la Bibbia voglia dire proprio quello che dice. Se in qualche caso non capisco, nel dubbio do ragione alla Bibbia.

Nella precedente legislatura, vissuta all’opposizione, è stato Segretario alla Presidenza, una posizione istituzionale non secondaria. Alla luce dei risultati elettorali, il suo schieramento ha vinto e governerà: può immaginare un posto di rilievo nel nuovo Senato, o magari un incarico di Governo?

Non mi dispiacerebbe avere un ruolo dove possa mettere a frutto le capacità che ritengo di avere. Ma ritengo più importante la qualità dell’azione politica di cui sarò parte, quale che sia il grado da me ricoperto.

Questa è la versione ufficiale. Però…

Be’, lo ammetto: quando sento che farei meglio di un altro un certo ruolo certamente vorrei ricoprire quel posto.

Se non succede, però, pazienza: la mia ambizione è di dare il mio apporto a un’azione positiva per il bene del Paese: se l’azione sarà – appunto – positiva, mi va bene fare anche il soldato semplice; se non dovesse esserlo, mi impegnerò a fare la mia parte per riportarla sulla giusta via.

Paolo Jugovac
18/4/2008

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