Malan, citazioni ed equivoci

By 29 Novembre 2022Dall'Italia, Spettacoli

“Un giorno da pecora” è un programma di RadioRai che tenta di dare un tocco di leggerezza alla politica: Giorgio Lauro e Geppi Cucciari accolgono a ogni puntata un ospite cui, tra il serio e il faceto, chiedono lumi sulle sue posizioni ma anche sulle scelte passate (quelle che, spesso, i politici tendono a voler dimenticare) e sulla vita privata. Un programma gradevole dove l’ospite viene fatto, all’occorrenza, esibire per mostrare le sue insospettate doti artistiche, e di solito chi si sottopone alla conversazione con Lauro e Cucciari sa stare al gioco, rendendo la trasmissione un curioso – e a tratti surreale – mix di situazioni.

Come tutti ormai sanno, l’ospite di martedì scorso era Lucio Malan, fresco di nomina a capogruppo di Fratelli d’Italia al Senato (la registrazione è disponibile qui), che per un’ora ha tenuto il ritmo dei conduttori stando al loro gioco con simpatia, tra scambi di battute con altri ospiti, aneddoti di vita e prove da talent (si è cimentato, tra l’altro, in una versione a cappella di “Amazing grace”).

Per un paradosso della comunicazione, però, quell’ora abbondante di programma verrà ricordata per una frazione di una quindicina di secondi, ossia il momento in cui Lauro ha chiesto a Malan lumi sulla sua posizione in merito al ddl Zan, diversa da quella della chiesa valdese cui Malan appartiene; Lauro ha fatto inoltre notare che la Bibbia non si oppone esplicitamente ai matrimoni tra persone dello stesso sesso e il senatore, nello spirito della trasmissione, ha concesso il punto al conduttore, replicando tuttavia che la Bibbia, sul tema, si esprime con toni ben più forti: nell’Antico Testamento, ha ricordato, si parla addirittura di “abominio” e il concetto viene ribadito, nella sostanza, anche nel Nuovo (interessante il moto di stupore sfuggito al conduttore, che però non ha obiettato). Chiunque abbia ascoltato il programma – dovrebbe essere la regola, prima di commentare – non può non aver colto che la considerazione di Malan era oggettiva, e ricorderà anche che più avanti, di fronte a un ulteriore riferimento al tema dei diritti, il capogruppo FdI si è espresso in maniera esplicita contro i regimi che li limitano.

Per equivocare era necessaria una buona dose di inconsapevolezza, eppure è successo: la presunta sponda di Malan alle posizioni del Levitico ha caratterizzato la discussione politica per l’intera settimana, rimbalzando sui principali quotidiani nazionali, commentata dai principali esponenti della sinistra nostrana, giornalisti e teologi, con tanto di vignette e di frizzi: se il Riformista parla di “caccia agli omosessuali” e tratteggia Malan come un uomo che “vive nel VI secolo avanti Cristo”, la Stampa lo sorpassa a destra titolando, in prima pagina, “Ayatollah Malan”.

Il Corriere, dopo una sobria cronaca dei fatti, dà la parola a Carlo Calenda, che definisce le parole di Malan “indegne e sintomo di una profonda ignoranza” e si lancia, poi, a commentare un’ipotesi inesistente (“se le nostre regole derivassero dal Vecchio Testamento, non saremmo molto diversi dai talebani”); al surreale crucifige si unisce la capogruppo M5S al Senato, che si chiede «come fa Malan a non rendersi conto che accostare l’omosessualità alla parola “abominio” è davvero sconcertante».

Anche sul fronte degli editoriali il leit motiv è segnato: «fare l’omofobo sotto l’ombrello di un libro di tremila anni fa è, prima di ogni altra cosa, un atto di viltà», obietta con inusitata virulenza Michele Serra su Repubblica; «qualcuno spieghi ai parlamentari del centrodestra che, a prescindere dai loro personalissimi orientamenti di fede, il testo di riferimento di un rappresentante della Repubblica è la Costituzione, non il codice ecclesiastico e tantomeno le disposizioni del Levitico», invoca Flavia Perina sulla Stampa.

Il quotidiano Domani affida invece il commento a Paolo Naso, che partendo da una premessa contingente non troppo puntuale (“non vi è alcun bisogno di brandire la Bibbia per sostenere posizioni contrarie al riconoscimento dei diritti lgbt”), prova a smontare la “più facile ermeneutica fondamentalista” della “intolleranza omofoba del fondamentalismo cristiano”: Naso parla di “meccanismo facile quanto ingenuo” e gli contrappone la necessità di applicare «una scienza complessa e rigorosa alla ricerca di una “parola di Dio” che va oltre quella degli uomini, persino di quelli che hanno scritto i libri che compongono la Bibbia»; anche il biblista cattolico Alberto Maggi, su Repubblica, si inerpica tra un’interpretazione restrittiva di precetti levitici («viene considerato abominevole l’uomo che si corica con un uomo come si fa con una donna ma nulla viene detto della donna che si comporta allo stesso modo»), contesti sociali («in quella cultura non mettere al mondo dei figli era considerato quello sì un abominio»), temperie culturali («non esistendo la nozione di omosessualità [sic], ovvero la normale attrazione che può avere una persona verso un’altra dello stesso sesso, Paolo vedeva questo comportamento come una deviazione, basandosi su quello che riteneva fosse il “rapporto naturale”») e la conseguente relativizzazione delle posizioni paoline («le sue opinioni in materia hanno lo stesso valore di quando afferma che è “la natura stessa a insegnarci che è indecoroso per l’uomo lasciarsi crescere i capelli”, identificando il concetto di natura con la cultura che varia secondo le popolazioni»).

La raffica di critiche ha richiesto una precisazione del malcapitato protagonista. Il capogruppo FdI ha evitato di trincerarsi dietro al classico “sono stato frainteso” (come sembra voler intendere Repubblica) per ripercorrere invece in maniera circostanziata ciò che era chiaro a chiunque avesse ascoltato il programma: «al conduttore che mi chiedeva come mai fossi contrario al ddl Zan, visto che la chiesa valdese di cui sono membro è favorevole, ho risposto che la chiesa valdese è fondata sulla Bibbia, che è molto severa sull’omosessualità. E su specifica richiesta del conduttore ho citato come esempio Levitico 18:22».

Chiarita la questione, Malan è passato al contrattacco: «Ricordo anche a tutti costoro, sempre pronti a parlare di laicità dello Stato, forse senza sapere di cosa parlano, che riconoscere giudizi morali di una religione, non significa volerli applicare per legge o non rispettare coloro che li infrangono. Il cristianesimo insegna proprio il contrario. Mi sono sempre battuto per la libertà religiosa, e per la libertà sessuale delle persone. Libertà che vanno garantite in Italia e promosse nel mondo. Spesso la sinistra se ne è dimenticata».

foto: corriere.it

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