Dalla scomparsa di Angela Celentano sono trascorsi ormai ventisei anni, ma il caso non è ancora chiuso: la vicenda iniziata il 10 agosto 1996 alle pendici del Monte Faito, dove Angela e la sua famiglia stavano trascorrendo una giornata insieme alla comunità evangelica di cui facevano parte, ha riempito pagine di giornale, trasmissioni televisive e, naturalmente, faldoni di documenti, testimonianze, resoconti di indagini. Proprio basandosi sulle evidenze del materiale raccolto fino a oggi la giudice delle indagini preliminari di Napoli, Federica Colucci, «si è rifiutata di chiudere l’ultimo filone d’inchiesta ancora aperto per il quale la Procura aveva chiesto l’archiviazione»: la cosiddetta pista turca non sarebbe, secondo Colucci, un vicolo cieco ma potrebbe anzi avere una qualche sostanza.
Il filone ha preso le mosse dall’iniziativa di una donna, Vincenza Trentinella, che ha riferito di aver ricevuto le confidenze di un parroco che, a propria volta, le aveva riportato quanto sentito in confessionale. La donna, dopo la morte del prete, non avrebbe sopportato il peso della rivelazione e si sarebbe mossa per verificarne la veridicità, una decisione che l’ha portata fino in Turchia; la sua personale indagine l’ha spinta a concludere che «Angela sarebbe stata rapita e vivrebbe «su un piccolissimo isolotto turco che si chiama Buyukada, con un uomo che crede sia suo padre». A margine della rivelazione la donna ha riportato dati, informazioni e perfino una foto di quella che potrebbe essere Angela, oggi 29enne.
Il magistrato ha voluto dar credito a questa ipotesi, sostenendo che sulla vicenda «permangono elementi di dubbio» che la rogatoria internazionale, complice un probabile scambio di persona, non ha fugato. La famiglia di Angela avrebbe appreso solo dai giornali questo nuovo risvolto; l’avvocato dei Celentano, intervenendo su Rai Due, ha parlato di “una vecchia pista” su cui i dubbi “erano già stati dipanati da noi”.
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