Natale, istruzioni per l’uso

By 19 Dicembre 2004Editoriali

Siamo in uno dei periodi dell’anno che gli evangelici preferiscono: il natale, infatti, è uno dei momenti privilegiati per litigare su questioni marginali, dato che permette di confrontarsi su mille aspetti, dal modo di celebrarlo al periodo, dalle origini alla sua stessa ragion d’essere. Immancabile la nascita di due fazioni, più o meno compatte.
Da un lato, i duri e puri: il natale è una festa di origine irrimediabilmente pagana, e quel poco di cristiano che potrebbe avere è stato contaminato dalla tradizione cattolica, mentre lo spirito della ricorrenza è stato smarrito tra le folate di consumismo selvaggio. Quindi, nessuna concessione al natale, nessun culto speciale per avallare una tendenza sbagliata, niente che possa far credere al “mondo” che abbiamo qualcosa in comune con questa festa.

Dall’altro lato, i possibilisti: l’origine della data sarà pure poco ortodossa, ma la Bibbia afferma che scegliere un giorno specifico per festeggiare Dio non è sbagliato; inoltre questo si rivela uno dei pochi momenti dell’anno in cui i cristiani nominali (o non praticanti, se preferite) sono disposti a riflettere sul senso della fede e del messaggio della salvezza. Quindi, sì a un culto speciale e alle evangelizzazioni per la strada, anche se in mezzo alla gente impegnata nella corsa agli acquisti.

Chiariamolo subito: entrambe le posizioni sono legittime, e hanno una loro ragionevolezza, anche alla luce della Bibbia. Non pretendiamo in questa sede di risolvere una diatriba che dura da quando si festeggia il natale: ciò che ci preme è suggerire qualche istruzione per l’uso, per far sì che la posizione di ognuno di noi, quale che sia, possa essere valutata in modo obiettivo e vissuta in maniera consapevole.

Primo: accertarsi di essere in buonafede. Certo, la buonafede è l’alibi preferito per giustificare gli errori; però, pur essendo un’arma a doppio taglio, non possiamo esimerci dall’esercitare la nostra fede attraverso una buona coscienza. Proveniamo da realtà culturali, sociali, religiose diverse, e ciò che per uno può essere una gioia, per un altro può essere un peso. Se qualcuno sente di festeggiare, lo faccia liberamente e con tutto il cuore. Se sente un peso, non se lo imponga per compiacere una tradizione o chi lo circonda.

Secondo: evitiamo le critiche. Una frase fuori posto, detta con poca farina d’amore e molto lievito farisaico, può perfino uccidere, sul piano spirituale. Piuttosto, cerchiamo con amore di capire i perché del fratello, di venirgli incontro e magari di aiutarlo. Questo non significa necessariamente approvare le sue scelte: significa parlare con atteggiamento costruttivo piuttosto che con animo polemico.

Terzo: niente ipocrisie. Riteniamo che festeggiare ci uniformi agli altri, e quindi vada evitato? Posizione rispettabile, ma da vivere con coerenza, evitando di rimediare all’apnea casalinga con passeggiate in centro per gustare “lo spirito natalizio”, o con visite in casa altrui per godersi l’atmosfera di quelle luci di natale che abbiamo bandito da casa nostra.
Non troviamo niente di male nel rendere le nostre case più accoglienti con artifici stagionali come addobbi, lucine, candele, agrifogli e quant’altro? Facciamolo, se ci dà gioia. Ma con la giusta misura, chiedendoci con onestà in cosa si distingue, formalmente, il nostro natale da quello consumistico che condanniamo.

Vogliamo scambiarci regali in occasione del natale? Perché no: sarà un gesto poco spirituale, ma molto affettuoso. L’importante è non approfittare di questa occasione per lavarsi la coscienza, e dimenticare di dedicare attenzioni alla famiglia per il resto dell’anno.
Riteniamo invece che i regali natalizi siano puro e semplice consumismo, oltretutto diseducativo? Evitiamoli, ma del tutto: non fingiamo di scandalizzarci, per poi farli a nostra volta etichettandoli come semplici “pensieri affettuosi” che “casualmente” sono capitati proprio in questo periodo.

Vogliamo festeggiare? Approfittiamo del giorno festivo per organizzare un incontro con i nostri fratelli, in modo da condividere la gioia della nascita di Cristo con chi può comprenderla davvero. Forse i non credenti non capiranno la differenza rispetto a qualsiasi altro rito, ma tant’è. La nostra gioia sarà completa.
Non vogliamo invece festeggiare? E allora evitiamo anche i pranzi luculliani (ci siamo mai chiesti cosa siano le “gozzoviglie” di biblica memoria?), riservati rigorosamente alla famiglia, dove di cristiano c’è ben poco. Sfruttiamo piuttosto l’occasione per dare la gioia di un pasto sereno in compagnia fraterna a chi, magari, è solo o in difficoltà.

Ultimo suggerimento: se per noi il natale non è una festa, evitiamo comunque di comportarci in maniera poco cristiana sprecando la giornata festiva nel dolce far niente.
Se invece è una festa, festeggiamo. Ma ricordiamoci sempre di chi stiamo festeggiando, e di quale tipo di festa egli vorrebbe da noi. La festa non è per noi, ma per lui.

E non è una raccomandazione casuale: il natale è l’unica festa di compleanno che si celebra dimenticandosi del festeggiato.

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