Metafore sul ghiaccio

By 23 Febbraio 2006Febbraio 9th, 2022Editoriali, Sport

La grande scoperta di questi Giochi invernali è stato uno sport che ha suscitato la simpatia di tutti. Si chiama curling, è una sorta di gioco delle bocce nordico e ha affascinato cinque milioni di telespettatori per la sua particolarità: anche gli italiani hanno capito che dietro a quei semplici lanci di pietre levigate sulla pista ghiacciata si nascondono strategia, abnegazione del singolo, forte gioco di squadra.

Ma non è tutto qui. A guardarlo bene, in questo sport si incontrano altre peculiarità che non possono non suonare familiari a chi si impegna giorno dopo giorno a vivere intensamente la propria fede cristiana.

È un gioco di squadra, dove non si può giocare da soli. L’obiettivo è comune e deve essere concorde, se si vuole ottenere un risultato.
La strategia per raggiungere l’obiettivo è unica per tutti, ma non è predisposta in partenza: viene definita passo per passo dai membri più esperti, consultandosi tra loro. Nonostante la presenza – riconosciuta – di giocatori con esperienza e talento, nella squadra non esiste un vero e proprio leader, e il lancio decisivo può essere di chiunque. Non c’è competizione all’interno della squadra per uno o l’altro ruolo: chi lancia non è la figura più in vista né ha maggiore gloria degli altri.

Ma non basta. Mentre un giocatore lancia, gli altri contribuiscono alla riuscita del lancio con una presenza e un’attenzione costante: chi verificando costantemente la traiettoria e segnalando agli altri l’andamento, chi preparando il terreno e ritoccando la direzione della “boccia” (e quindi, il lavoro del lanciatore).
L’ambiente in cui si gioca è freddo. Non solo: anche se la superficie (il ghiaccio) sembra favorevole perché si presenta perfettamente liscia, in realtà è insidiosa; basta un niente per deviare dal percorso e fallire l’obiettivo. Per questo la cura e l’attenzione devono essere continui e costanti da parte di tutti, non solo da parte del lanciatore.

E ancora. Non bastano la precisione, la preparazione e l’impegno: occorre spirito di servizio, quello che ti fa correre e ramazzare – in senso metaforico, ma anche reale -. Tutti sono a servizio di tutti, e tutti puntano a ottenere il risultato, anche con i gesti che possono sembrare più umili e faticosi.

Non c’è nessuna violenza, nessuno scontro: più che “contro” altri, si gioca “per” il risultato, e quindi non c’è cattiveria, antipatia, sgarbo.
La correttezza è una caratteristica importante nell’economia del gioco, e fa parte integrante dello spirito per il quale si opera. Per questo non servono arbitri, vale la parola – sulla fiducia – e l’onestà di giudizio, come anche la capacità di autocritica.

D’accordo: forse, a guardarlo, non sarà appassionante come altre discipline: manca l’aura del fuoriclasse, la spettacolarità del gesto, l’emozione dell’azione che altri sport offrono. Per appassionarsi al curling bisogna viverlo.

Non ricorda niente?

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