Inizia la settimana di Pesach, la Pasqua ebraica

By 10 Aprile 2017Israele

Si apre la settimana di festeggiamenti di Pesach, la Pasqua ebraica, che quest’anno si apre la sera del 10 aprile (14 del mese di nisan); ancora oggi la festa, fin dalla vigilia, ricalca le indicazioni bibliche presenti nel Pentateuco, con gli adattamenti resi necessari in seguito alla diaspora.

L’ORIGINE – La Pasqua è una delle tre feste bibliche di pellegrinaggio (Esodo 23:14-17), celebrata in ricordo della liberazione del popolo israeliano dalla schiavitù d’Egitto. Il primo giorno di Pesach prevedeva una santa convocazione durante la quale veniva offerto a Dio, oltre all’olocausto del mattino, un olocausto di due torelli, un montone e sette agnelli di un anno, i quali dovevano essere senza difetto, insieme a un’oblazione di cibo di fior di farina mescolata con olio (Numeri 28:19-20). Inoltre veniva offerto anche un capro come sacrificio espiatorio per il peccato. Tutti questi olocausti dovevano essere offerti anche per i sette giorni successivi. Il primo e il settimo giorno di Pesach si celebrava una santa convocazione e non doveva essere svolto alcun lavoro (Numeri 28:16-25).

DOPO LA DIASPORA – Il cerimoniale pasquale, dopo la distruzione del Tempio nel 70 dopo Cristo, è stato adattato per venire incontro alla nuova realtà; dall’epoca della diaspora si celebra il seder di Pesach (letteralmente “il servizio della Pasqua”), un pasto commemorativo con diversi elementi simbolici durante il quale vengono lette e seguite scrupolosamente le indicazioni dell’Hagaddah di Pesach, raccolta di testi rabbinici che illustra dettagliatamente la liturgia da seguire. Il seder ricorda la liberazione operata da Dio durante il periodo della schiavitù d’Egitto, ponendo anche aspettativa per la liberazione a opera del Messia ed evidenziando così la redenzione passata e quella futura del popolo ebraico.

LA VIGILIA – Il 14 di nisan (quest’anno lunedì 10 aprile) è la vigilia di Pesach, detta ta’anìt bekhoròt. In passato, quando esisteva ancora il Tempio di Gerusalemme, ogni famiglia ebrea “sacrificava la Pasqua” per mezzo di un agnello di un anno, senza difetto, ricordando la salvezza degli israeliti dalla piaga dello sterminio dei primogeniti, che invece colpì gli egiziani (episodio ricordato in Esodo 11:1-7); durante la vigilia i primogeniti ebrei digiunano.

Il termine Pesach viene dal verbo pasach, col significato di “passare oltre”, in ricordo dell’azione dell’angelo della morte che “passò oltre” i primogeniti israeliti, risparmiando le case i cui stipiti erano segnati con il sangue d’agnello.

Dopo il tramonto del 14, quindi all’inizio del 15 di Nisan, (quest’anno martedì 11 aprile) parte la festa effettiva, che dà il via a sette giorni durante i quali ebrei e non ebrei (questi ultimi in territorio d’Israele) mangiano, come in passato, pani azzimi o matzot (la festa degli Azzimi citata in Esodo 23:14) e organizzano cene di commemorazione con un preciso rituale.

Prima della festa, la sera precedente alla vigilia di Pesach, le case delle famiglie ebree vengono ripulite da ogni traccia di lievito e alimenti lievitati (hamez).
Il lievito rappresenta il peccato e la malvagità. Quindi, il gesto di eliminare ogni traccia di hamez rappresenta il fare pulizia nella propria vita e nella propria famiglia da ogni peccato e malvagità.

LA CENA DI PESACH – La cerimonia più importante si tiene la prima sera con la cena – il primo séder di Pesach – il cui rituale, come detto, è descritto minuziosamente nell’Haggadah. Vengono utilizzate quattro coppe di vino più una coppa detta “la coppa di Elia”; tra gli alimenti si contano vino rosso, pane azzimo, uno stinco d’agnello, che rappresenta l’agnello portato al Tempio per essere sacrificato. Tra gli altri elementi simbolici ci sono le verdure o erbe amare come il rafano o la lattuga romana in rappresentanza dell’amarezza della vita (chazeret e maròr) e una ciotola con acqua salata (che rappresenta le lacrime versate dagli ebrei in Egitto).

In tavola, durante il seder, viene sempre lasciato un posto vuoto con la Coppa di Elia posta davanti, dalla quale nessuno deve bere perché è riservata all’Elia delle profezie. Elia, secondo l’ebraismo, verrà e porterà con sé il Messia.

Le pietanze si alternano a meditazioni talmudiche, canti e letture bibliche correlate, introdotte dalla domanda rituale sul senso della celebrazione (anche questa riportata nella Bibbia), posta dai bambini agli adulti, e alla relativa risposta; dopo che gli adulti hanno bevuto la quarta coppa di vino, l’ultima prevista dal rituale, i bambini corrono ad aprire la porta di casa e tutti i commensali, in piedi, esclamano: Baruch haba b’shem Adonai! (“Benedetto colui che viene nel nome del Signore!”). La celebrazione si conclude con canti tradizionali che ricordano la potenza di Dio e la comune fede.

(a cura di Ambra Marchese)

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