VERONA – Situazione complessa in Eritrea perché i dati che Porte Aperte, l’organizzazione evangelica a sostegno dei cristiani perseguitati, raccoglie sono in continuo cambiamento e le stime di certo non vengono dalle autorità eritree, chiuse e assai poco propense alla collaborazione.
Le testimonianze di rilasci e di arresti arrivano a ondate. «Sono rilasci e arresti che – afferma PA – da un punto di vista strategico, hanno lo scopo di fiaccare, spezzare e ridurre in briciole la Chiesa in Eritrea. I malati gravi (credenti che magari hanno contratto malattie nelle terribili carceri del paese) vengono rilasciati e costretti agli arresti domiciliari; coloro che non hanno una posizione di leadership nella chiesa e firmano un particolare “accordo” con lo stato, a volte vengono rilasciati; i cristiani evangelici scoperti mentre stanno facendo il servizio militare nazionale sono incarcerati, subiscono specifiche “punizioni” e poi, a volte, vengono reinseriti nel servizio militare, dove a seconda del comandante che si ritrovano, possono subire angherie di ogni tipo o essere lasciati in pace; di altri semplicemente, specie i leader ma non solo loro, se ne perdono le tracce in carcere, ecco quindi che delineare un quadro con cifre precise del numero di credenti incarcerati è assai complicato».
Nelle ultime settimane PA ha avuto notizie di ondate di arresti che hanno spezzato comunità intere. «Il 28 novembre scorso – informa PA – 15 cristiani evangelici sono stati arrestati dalle autorità eritree nella cittadina di Hagaz, mentre stavano partecipando ad una riunione. Si tratta di 15 uomini dai 18 ai 30 anni che stanno svolgendo il servizio militare in quella zona».
«Il 19 novembre scorso Ferewini Gebru Tekleberhne, una donna di 35 anni circa, è stata uccisa nel centro di detenzione di Sawa, dove era rimasta incarcerata in un container metallico negli ultimi 2 anni. Probabilmente in preda all’esaurimento più totale ha tentato un’improbabile fuga ed è stata freddata a colpi di arma da fuoco dalle guardie. Durante il suo servizio militare obbligatorio era stata arrestata a causa del fatto che frequentava un gruppo evangelico al di fuori delle quattro confessioni permesse: Chiesa ortodossa, Chiesa cattolica, Chiesa luterana e Islam. In questo campo di Sawa, vicino al confine con il Sudan, esistono aree dedicate alle punizioni per chi tenta di disertare (sono in molti e sempre di più quelli che tentano di scappare dal paese) e per coloro che, come Ferewini, frequentano chiese evangeliche cosiddette “non registrate”. Ovviamente non è praticamente possibile registrarle, quindi o si frequentano le quattro religioni succitate o si frequentano le tante chiese clandestine evangeliche».
Porte Aperte ha anche testimonianze di arresti nella città portuale di Assab: «Il 14 novembre scorso, 37 cristiani sono stati arrestati nella città portuale di Assab, tra cui sette donne e una incinta di sette mesi. Sono stati prelevati dai loro posti di lavoro, in un’ondata di arresti mirata a scardinare le comunità cristiane della zona: i loro nomi, infatti, erano indicati in una lista che la polizia aveva con sé durante le retate, ciò denota una strategia ben precisa, tesa a minare la fede cristiana nella zona».
In chiusura del suo dossier Eritrea, Porte Aperte dice della richiesta da parte dei cristiani evangelici eritrei di pregare per loro e informa che al suo prossimo convegno annuale, dal 15 al 17 aprile a Torre Pedrera (Rimini), «sarà presente come ospite speciale Helen Berhane, una donna eritrea incarcerata per molto tempo nei terribili container metallici a causa della sua fede in Dio». [gp]
Fonte: Porte Aperte